Il progetto
Un vecchio e sgangherato battello al suo ultimo viaggio, un capitano leggendario che racconta storie mitologiche in presa diretta come se avesse mille anni, un’umanità stanca e senza futuro, che cerca speranza oltre frontiera.
Un intreccio di storie e racconti, quasi fossero un espediente salvifico per ottenere la “misericordia delle onde, che sono più ospitali della nostra terraferma”.
Un adattamento teatrale ambientato al tempo della guerra dei Balcani, che vuole essere un filo rosso che cuce e tiene insieme tutte le migrazioni moderne.
Una riflessione poetica aperta e senza demagogia, sugli enormi movimenti di popoli che attraversano questi nostri anni. Sulle ragioni dure del partire, sulla decisione sofferta, di attraversare deserti e mari, sul senso di sradicamento e di smarrimento che lo spostarsi porta sempre con sé. A qualsiasi latitudine.
Per spiegare a pieno questo spettacolo, in linea con la “tradizione TIM” rivolta a mettere in scena storie dense della narrativa contemporanea, prendiamo a prestito le parole da “Rrock”, canzone di Gianmaria Testa, contenuta nell’album “Da questa parte del Mare”:
Non era così che mi avevano detto il mare, no non era così e poi tanto di notte cosa vuoi mai vedere: qui c’è uno che grida, che dice che è tardi e bisogna partire. Qui c’è uno che grida, e si deve partire. E mio padre non c’è, è rimasto da solo a masticare la strada. Dice che tanto sarà guerra comunque e dovunque si vada. L’ho lasciato alla porta di casa che sputava per terra, come fosse un saluto Ma non era così che credevo di andare, no non era così: come ladri di notte, in mano a un ladro di mare. E mio padre alla porta di casa che guardava per terra come se avesse saputo.
Lo spettacolo si articola in due atti della durata di 50 e 40 minuti.
I testi e l’autore
Lo spettacolo è liberamente tratto dai libri:
L’ultimo viaggio di Sindbad – edizione Einaudi
Il capitano di un vecchio battello è al suo ultimo viaggio. Sottocoperta un carico di uomini, donne, bambini aspetta di arrivare alle coste italiane. Fra echi biblici e leggende di mare Erri de Luca narra una storia senza tempo calandola nelle vicende di oggi. Un testo scritto per il teatro che ha l’andamento di un indimenticabile racconto.
Solo andata – edizione Feltrinelli
Il viaggio di un gruppo di migranti verso i “porti del nord”. Un racconto in forma di poesia, dall’interno di una materia umana ancora muta.
Qualche altro “svolazzo” nei testi di Erri De Luca è servito a tradurre con uniformità di linguaggio le intuizioni descritte nelle didascalie de “L’ultimo viaggio di Sindbad”.
Erri De Luca
È nato a Napoli nel 1950. Nel 1968 si trova a Roma dove abbraccia l’azione politica, respingendo la carriera diplomatica alla quale era avviato. Negli anni ’70, è dirigente attivo in seno al movimento d’estrema sinistra Lotta Continua. Dopo questa esperienza, si ritrova operaio qualificato alla FIAT, quindi magazziniere all’aeroporto di Catania, camionista e poi muratore in diversi cantieri francesi, africani e italiani. Nonostante le sue prime scritture risalgano all’età di vent’anni, ne ha praticamente quaranta al momento della prima pubblicazione. Durante la guerra nella ex Jugoslavia, è conducente di convogli umanitari a destinazione della popolazione bosniaca. Ha imparato numerose lingue da autodidatta, tra cui lo yiddish e l’ebraico per tradurre la Bibbia, alla quale dedica ogni giorno un’ora di lettura, anche se si dichiara non credente. Collabora a diversi giornali (ad es. La Repubblica, Il Manifesto) ed oltre i suoi articoli d’opinione, scrive anche sulla montagna, altra sua grande passione. Infatti è anche un alpinista esperto. Oggi vive nella campagna romana.
I personaggi e gli interpreti
Kristian Civetta, Sindbad – capitano
Luca Santuari, Vasco – nostromo
Lorena Simoni, Sarah – donna kosovara
Irene Rella, Miriam – donna bosniaca incinta
Anna Brugnara, Rivka – razza bosniaca
Chiara Zanella, Noa – ragazza bosniaca
Paolo Nones, Ionà – ebreo disertore
Khalid Tai Tai, Narouz – combattente curdo
Guido Prati, Nazim – vecchio bosniaco
Riccardo Camertoni, Josko – assasino sloveno
Paolo Pezzano, Ante – poeta serbo dissidente
Cristian Dallapiccola, Aaron – carnefice serbo
luci e fotografia di Stefano Bassetti
musiche e fonica di Andrea Volani
costumi di Diana Sinigaglia
scenografie di Paolo Nones
Regia di Sergio Bortolotti