Domanda sbagliata: perché la risposta può essere solo frustrante, per qualsiasi interprete.
E perchè così confinerebbe nelle collezioni audio-video un repertorio nato per il teatro, per confrontarsi con la gente, per verificarsi con un pubblico-persona-occhio-cuore-cervello.
Accettare le sollecitazioni che Gaber e Luporini ci lasciano è poi un esercizio salutare: per mettere a nudo i pregiudizi, per testare la tenuta della scala di valori cui facciamo riferimento. Per scoprire che alla fine è la persona il centro, lo strumento e la misura di qualsiasi rinnovamento.
La scenografia è pensata per rafforzare quest’ultimo concetto e ripresenta il Modulor dell’architetto Le Corbusier, linea guida di un’architettura-città a misura d’uomo.
I brani proposti in questa raccolta-spettacolo, rappresentano la doppia anima di questa ricerca: da un lato il confronto con se stessi, in bilico tra il proprio limite e la propria grandezza, dall’altro il confronto con gli altri, con la società, con la nostra dimensione politica.
I testi di Giorgio Gaber e Sandro Luporini
Quella di Gaber e Luporini, rappresenta un’esperienza unica nel genere, per il linguaggio e i temi trattati: un teatro di intervento, di considerazioni sull’oggi, che si è spesso rivelato anticipatore di importanti istanze sociali.
Gaber raccontava: “Noi ci conoscemmo nel ’59: io avevo appena cominciato questo mestiere e Luporini abitava a Milano. Eravamo dei vicini di casa. Io allora facevo assolutamente il cantante, lui faceva assolutamente il pittore e cominciammo a scrivere delle cose insieme così, per divertimento e perché ci piacevano delle cose un po’ particolari… quindi lo facevamo per il piacere di farlo, per la voglia di stare insieme e poi perché spesso le amicizie si consolidano facendo insieme delle cose, altrimenti rimangono un po’ impotenti. Questa vicinanza, questo affetto che è durato negli anni, ha trovato nello spazio teatrale la dimensione più congeniale a quel tipo di cose!”.